martedì 27 novembre 2012

Tenerife: altri luoghi da visitare per gli amanti del giardinaggio.

Vi ho già parlato del Teide, il vulcano che ha originato Tenerife, e dove è possibile ammirare alcune piante endemiche dell'isola, e in particolare il Tajinaste rojo, ovvero l'Echium wildprettii: una borraginacea resistente ai climi impervi, caratterizzata da fioriture a spiga di un colore rosso molto vistoso.
Vi ho parlato anche della vicina Gomera, e dei paesaggi che si susseguono su di essa a breve distanza (cosa comune anche alle altre isole canarie, che insieme raccolgono qualcosa come 23 microclimi differenti).

la draceana millenaria (foto rubata al web)

A Tenerife esistono alcuni giardini botanici, ma si trovano prevalentemente nei grandi parchi di divertimento tematici che sono stati costruiti di recente: il Loro parque, ad esempio, il parco dei pappagalli, elenca tra le sue attrazioni l'Orquidàrio, una collezione di orchidee, e il singolare Katandra Treetops, riconstruzione di una giungla naturale che i visitatori possono ammirare dall'alto. Ma sono luoghi artificiosi, che io in questo viaggio ho preferito evitare.
Molto interessante, e forse più credibile, è il Jardin Botànico a Puerto de la Cruz, distretto di La Paz, paese a nord dell'isola, aperto al pubblico, ricco di piante per noi esotiche, alcune piuttosto rare, e tra le quali è possibile camminare seguento i numerosi vialetti.
Molto famosa la Draceana millenaria situata a Icod de los Vinos, nel nord dell'isola. L'albero ha una chioma che misura 12 metri di larghezza, e il tronco 14 m di altezza. Nella zona, molte le cantine e le aziende vinicole da visitare.
E' possibile fare tappa anche in qualche vivaio: il piccolo El Draguito (a La Orotava, località Los Rechazos, tel. 922 334112), dove ho acquistato una bustina di semi di Tajinaste rojo e di plumeria (la stagione non è ancora adatta per trovarne delle talee). Nei supermercati è invece facile reperire sementi di piante per noi esotiche, compresa la Sterlizia reginae e la jacaranda, a prezzi che in Italia ce li scordiamo.
Ma non dimenticate, soprattutto se avete dei bambini, di fare una capatina al simpatico  mini golf Santiago (www.parquesantiago.com) a playa de Las Americas: un originale minigolf ambientato in un piccolo giardino affollato di cactus giganteschi.
Occhio a dove vi appoggiate: ci sono spine dovunque!

domenica 25 novembre 2012

Quattro passi sul vulcano di Tenerife

Un'escursione tra le più classiche per chi villeggia a Tenerife: la visita del Teide, ovvero il vulcano che ha dato origine all'isola. Infatti, tutte le isole dell'arcipelago canario sono state generate nei millenni dalle eruzioni laviche della cintura vulcanica che si trova in questa parte dell'oceano Atlantico. A testimoniarlo, come a Madeira, le spiagge naturali, spesso costituite da grossi ciottoli neri: la playa de los Cristianos, una delle più famose di Tenerife, attualmente si presenta come una lunga scia sabbiosa, ma si tratta in realtà di materiale riportato dal Marocco per la gioia dei turisti.
Visitare il Teide, questo picco che si erge a 3718 m sul livello del mare, è possibile con visite guidate alle quali ci si può iscrivere presso l'ufficio del tour operator nell'hotel in cui si soggiorna (se il servizio è presente); oppure, è facile trovare escursioni organizzate dalle agenzie locali. Noi abbiamo scelto l'indipendenza: abbiamo noleggiato un'automobile per una giornata, e siamo partiti da soli. Oltretutto, in Spagna la benzina non costa un cappero.

Per vedere il vulcano sfruttando bene la giornata, conviene partire presto la mattina (almeno alle nove e mezza). Non servono particolari piantiene geografiche per orientarsi, anche con una semplice mappetta turistica si trova la strada facilmente (considerato che la rete stradale a Tenerife non è ancora particolamente complessa).
Appena comincerete a risalire i fianchi del vulcano, noterete intorno a voi la variabilità dei paesaggi, uno più sorprendente dell'altro: vi sembrerà di stare in un posto che fonde in sè i gran canyon del Colorado, le coste irregolari della Corsica occidentale e i mari grigi della Luna. Le atmosfere sono intense, i panorami inaspettati.

Scarsa vegetazione, rocce chiare e terre brulle: i paesaggi
sui pendii più bassi del Teide sono luminosi e silenziosi.

A seconda del tipo di minerali contenuti nelle'eruzione lavica che le ha originate, le rocce possono avere tonalità azzurre, verdi, rossicce, e cambiare completamente aspetto a solo un kilometro di distanza.








Per quanto riguarda la vegetazione, l'elemento più tipico del Teide è l'Echium wildprettii, comunemente chiamato Tajinaste rojo. A novembre, questa pianta, appartenente alla famiglia delle Borraginacee, ha già perso i suoi fiori di un rosso acceso (da cui il nome volgare).
Le rocce e i declivi  su cui vivono si ritrovano coperti da misteriose e lunghe spighe argentate, che ammorbidiscono i profili dei massi irregolari. Se la notte ha gelato, al mattino le spighe brillano nella luce chiara come se fossero d'argento. L'effetto è del tutto surreale.
Seguendo la strada TF 21, a 2356 m, si raggiunge el Teleférico del Teide, una funivia che porta i turisti a 3555 m, dove è collocata la stazione per il ritorno. Da questa altezza, è possibile proseguire il cammino per visitare la cima del vulcano solo se si è in possesso di uno speciale permesso da richiedere in anticipo all'Organismo Autònomo de Parques Nacionales, anche on line all'indirizzo www.reservasparquesnacionales.es.
Dalla stazione di arrivo, anche se non si sale sulla cima, si possono comunque fotografare delle viste molto suggestive: 
la Montana Blanca: si riconosce chiaramente il "tappo" creato dalla lava raffreddata

il cucuzzolo del Teide: praticamente non c'è quasi ombra di vegetazione.
Quassù sopravvivono solo muschi e Gnaphalium teydeum, che
cresce in vicinanza delle fumarole, dove il terreno è sempre umido e caldo, anche in inverno.

Portate con voi una giacchettina a vento o un maglioncino: in autunno, è facile trovare l'aria frizzante per le basse temperature notturne. Io avrei pagato mille euro per un paio di guanti o un copriorecchie, perchè, in alto, in alcuni punti il vento è forte e gelido. Consigliabili, ovviamente, anche scarpe comode e occhiali da sole.
Anche una bottiglietta di acqua nello zainetto è sempre utile, e dei fazzoletti di carta: dove arriva la funivia, ci sono i servizi igienici, ma la carta igienica... no.
Nella foto qui a fianco, i ghiaccioli nascosti fra le rocce.




 

Camminare sul Teide, a certe altezze, fa sentire come "viandanti sul mare di nebbia".

Il colore nero delle rocce sotto il picco del Teide è dovuto alla forte presenza di minerali di ossidiana. Sull'isola, molti negozi vendono monili di questo materiale.









Per maggiori informazioni sul vulcano: www.titsa.com.

Prossimo ed ultimo post: "Tenerife: altri luoghi da visitare per gli amanti del giardinaggio".

sabato 17 novembre 2012

La natura a La Gomera, isoletta canaria.

Viaggio: un soggiorno di 7 giorni sull'isola di Tenerife, nell'arcipelago canario (Spagna), in un hotel-villaggio a metà strada tra playa de las Americas e playa de los Cristianos, la settimana scorsa. Motivo: villeggiatura, saltata in estate causa impegni lavorativi del maritozzo.
Sabato 10 novembre, l'escursione: isola de La Gomera, a sud di Tenerife, 55 minuti di traghetto partendo da playa de los Cristianos, 57 euro a testa comprensivi di spostamento in traghetto, guida che parla quattro lingue escluso l'italiano (spagnolo, belga, inglese, tedesco, ma quel giorno la nostra lingua non c'era...), pullman per la visita dell'isola, pranzo presso ristorante locale.
Il bagaglio: giacchina a vento, scarpe comode, macchina fotografica, bottiglietta di acqua, sacchettino di carta dove riporre semi eventualmente rubacchiabili dalla flora isolana senza farsi beccare.

Otto e mezza del mattino, si parte: il traghetto, "Volcàn de Taburiente", carico di turisti di ogni provenienza (il turismo a Tenerife è davvero internazionale), salpa verso quella che alla nostra vista è ancora solo una sagoma azzurra circondata da qualche nuvola. E' La Gomera, l'isola colombina, così soprannominata perchè lì fece tappa Cristoforo Colombo nei suoi viaggi verso le Americhe. Per quel che ne so, era anche l'isola di provenienza del famoso Yanez, l'amico inseparabile di Sandokan.
Quando La Gomera finalmente ci compare nitida davanti, il sole è alto nel cielo sgombro di nuvole, e siamo sicuri che il tempo meteorologico è dalla nostra parte. La  settimana precedente a Tenerife è invece stata clamorosamente piovosa, come non succedeva da duecento anni, per fortuna l'abbiamo evitata. L'escursione che stiamo per fare parte sotto i migliori auspici.
Attracchiamo a San Sebastian de la Gomera, porto e centro abitato principale dell'isola, che con i suoi 352 metri quadrati di superficie è la seconda isola più piccola dell'arcipelago canario. Saliamo sul nostro autobus, il 38, come indicatoci quando eravamo sul traghetto dalla guida. Seduti in mezzo a una trentina di inglesi di mezza età, mio marito alza il naso, si guarda intorno un po' perplesso. Abbiamo sbagliato pullman! Il nostro è sempre il numero 38, ma diverso, e parcheggiato lì vicino. Scendiamo a razzo per salire su quello giusto, mentre la nostra guida, un uomo sui quaranta-cinquant'anni, simpaticissimo, se la ride e si scusa per il disagio. Non aveva previsto che, su tre pullman presenti in giornata, due avessero lo stesso numero. Altrochè buoni auspici, a momenti ci univamo al gruppo sbagliato!
L'escursione comincia con una risata, mentre il mezzo sale verso l'interno dell'isola, lungo la strada che si arrampica sulle pendici del Garajonay, l'antico vulcano che ha dato origine al luogo. Il panorama che nel giro di venti minuti ci appare è incredibile: nella foto in alto, potete vedere la magnifica vista del mare aperto e sullo sfondo il vulcano Teide di Tenerife. I fianchi del Garajonay sono coperti da una flora di euforbie, fichi d'India, aeonium, che crescono in pieno sole.
erica arborea
Dopo meno di un'ora di viaggio, però, il paesaggio cambia: mano a mano che ci addentriamo verso l'interno, oltrepassati vari tornanti che ci allontanano dalla vista del mare, il clima di irrigidisce. Entriamo nel parco nazionale del Garajonay, ma improvvisamente ci sembra quasi di essere in Scozia. Spariscono le opuntie, il sole si vela di nubi, l'aria è più fredda e la vegetazione si infittisce: interi boschi di erica arborea si aprono intorno a noi. Magnifici. Ci fermiamo per una sosta (motivo: fuga di tutti al bagno), dopo di che la guida ci invita ad entrare a piedi nel bosco, per sentirci nel "corazòn" della natura (beh, parlava spagnolo ma abbiamo chiacchierato insieme un bel po'). Eriche che da noi si fanno ammirare solo a venti centimetri da terra, dilatano sopra le nostre teste i loro rami coperti di muschio verde. Il profumo di sottobosco è delicato; qua è là, cespugli di margherita gigante, denti di cane alti un metro (!), salvia, felci... La guida ci spiega che a La Gomera ci sono due tipi di eriche: la già citata erica arborea, con fiori bianchi, aghetti inclinati, il cui legno è pregiatissimo per la fabbricazione delle pipe; e l'erica scoparia, con fiori rossi e aghetti ritti. 
dente di cane

margherita gigante
Inoltre, a Gomera si possono contare quattro tipi di alloro, di cui uno solo aromatico e utilizzabile in cucina, ma non profumato come quello europeo.
la patata, appesa nel ristorante

Ripartiamo: il paesaggio cambia di nuovo, si arricchisce di betulle e pini canari. Ma non per molto: dopo coste montane adatte alla crescita dei funghi, riprendiamo la via verso il mare, e la flora lascia spazio alle banane, agli alberi di ficus benjamina in più varietà, alle palme canarie (palma canariensis), alle piante di caco, papaya, mango, cactus...
La sosta successiva è presso un ristorante, dove consumiamo un veloce pranzo con pietanze ottenute da piante locali (in particolare, una patata enorme che sembra un tappo di sughero gigantesco, appartenente al genere colocasia). Il ristoratore, con l'aiuto di un ragazzo e di una ragazza, ci dà una dimostrazione del famoso silbo gomero: si tratta di un modo di comunicare antico degli abitanti di Gomera, per trasmettere informazioni a grandissime distanze modulando la voce nel fischio. Altrochè cellulare!
Tappa successiva: il Molino del Gofio, azienda agricola-museo dove la guida ci illustra la coltivazione di diverse specie da frutto (compresa la pianta di pera-melone dal simpatico frutto variegato di viola) e il processo di fabbricazione del "miele di palma canaria", un tipo di miele (non nel senso di quello da apicoltura, ovviamente), estratto dalla pianta attraverso un foro da cui, di notte (perchè gli insetti se ne stiano lontani) viene fatta defluire la linfa (mezzo litro, un litro a notte), da bollire ripetutamente per poi ottenerne una sostanza densa e dolce: il miele, con cui si producono sciroppi e liquori.

il pera-melone

il secchietto per raccogliere il miele di palma
 Dal Molino del Gofio ci dirigiamo infine verso San Sebastian, dove la guida ci sguinzaglia per venti minuti di gironzolo libero, prima di salpare. Visitiamo il piccolo centro, la sua chiesa, un negozio, passiamo davanti alla casa di Colombo (la "casa Colòn", ma c'è solo una piccola targa a ricordarlo).

casa Colòn

Sono le sei, è tempo ormai di tornare a Tenerife. Nelle mie tasche, qualche seme di margherita gigante e una bottiglietta di miele come souvenir per la famiglia. Nel mio cuore, i ricordi di una stupenda giornata di sorprese naturali e passeggiate tra gli alberi muschiosi di erica... 

Non perdetevi il prossimo post: il vulcano Teide.


martedì 13 novembre 2012

Back to home

Dopo una settimana di ferie, durante la quale ho resettato la mia mente, rieccomi a casa. Il mio blog è un po' abbandonato, devo aggiornarlo. In compenso, la mammillaria fragilis, da due settimane portata in soggiorno per proteggerla dal freddo, ha aperto un fiorellino per salutare il mio ritorno.


A presto, con qualche post sul mio viaggio.

domenica 4 novembre 2012

Cinquanta sfumature di cactus azzurro

Nella gamma di tonalità che i cactus possono assumere per adattarsi e mimetizzarsi nell'ambiente naturale in cui vivono, c'è anche il colore azzurro. Glauco-verde, azzurro-grigio, celestino sfumato di marroncino, i cactus che presentano queste tinte sono spesso più sensibili al freddo, e, in particolare, al freddo protratto a lungo. Mentre gli altri esemplari cactacei non amano il ghiaccio, come è noto, ma riescono a svernare tranquillamente in una serra fredda, gli "azzurrini" vanno di solito portati al riparo preferibilmente in appartamento o in un locale che abbia una temperatura stabile intorno ai 18 gradi: come tutti gli altri cactus, hanno bisogno del freddo invernale per seguire il ciclo naturale delle stagioni e per difendersi dai parassiti, ma non devono "soffrirlo".
Alcuni esemplari di cactus azzurri portano spine robuste, che gli conferiscono un aspetto decisamente aggressivo. Come questo ferocactus emoryi, specie che in età giovanile ha una forma sferica, con tubercoli rilevati e areole spesse, ma in età adulta assume un aspetto cilindrico, costole evidenti e areole più glabre. Le spine sono proprio "feroci":


Altri, hanno spine curiose: papiracee, come nel tephrocactus articulatus. Nonostante l'aspetto meno aggressivo rispetto alle spine del ferocactus, vi garantisco, per esperienza, che sono pungigliosissime. Come se non bastasse, questa specie, nelle areole, ha anche i glochidi.


Altri cactus hanno spine lunghe e flessibili, ma non temibili come quelle papiracee appena descritte. Questo esemplare di leuchtembergia principis è fiorito in ottobre (e questo la dice lunga sul caldo che ha fatto in quel mese). Un fiore grande, giallo con i petali esterni perlescenti, che si è aperto tra i lunghi tubercoli caratteristici della specie. L'arrossamento delle estremità dei tubercoli è normale.


Bellissimi i cactus azzurri con spine sfumate di rosa: nella foto che segue, un'altra specie appartenente al genere ferocactus, ma con spine brevi, tozze e pure uncinate:


Anche molte specie di opuntie hanno il fusto grigio-azzurro. Diffusissima l'opuntia microdasys nella varietà albispina. In questo vaso, coltivo invece due esemplari di opuntia di cui non ricordo più il nome: uno alto, uno prostrato:


Per il fatto che i cactus azzurri non tollerano il freddo prolungato, non fategli nemmeno soffrire troppo caldo: l'anno prossimo potreste trovarli invasi dalle cocciniglie. Teneteli asciutti fino a marzo-aprile, durante l'inverno ovviamente sospendete anche le concimazioni.


Sopra: cereus aethiops. Un manuale lo descrive resistente al freddo, purchè asciutto. In generale, lo trovo un cactus delicato e capriccioso. Il mio, dalla foto si vede, è mezzo bruciacchiato dal troppo sole.