giovedì 26 aprile 2012

Fioriture nell'orto. E la rucola.

Aprile è il più crudele dei mesi, genera
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, risvegliando
Le radici sopite con la pioggia della primavera.
L'inverno ci mantenne al caldo, ottuse
Con immemore neve la terra, nutrì
Con secchi tuberi una vita misera.

Avrete riconosciuto i famosi versi di Eliot, tratti da La Terra desolata. Un colpo di pioggia, un colpo di sole, Aprile fa diventare matto l'ortolano e allo stesso tempo gli regala le prime soddisfazioni. Ancora non c'è molto da raccogliere, ma le corolle aperte di tante piante ed erbette promettono di preparare la strada ai prossimi raccolti.

Nelle mie piccole aiole, le campanelle leggermente profumate del mirtillo americano (foto a lato della poesia) e il cespuglio della valerianella locusta nel massimo del suo fulgore, piena dei suoi minuscoli fiorellini bianchi (1 mm di diametro, cinque petali ciascuno piccini piccini):

La nuvola viola chiaro della santoreggia si sta progressivamente aprendo (foto a sinistra).

Le infiorescenze della sanguisorba, così poco appariscenti ma così produttive di semi (solo con l'anno successivo e la grande quantità di nuove piantine mostreranno quanto sanno diffondere e moltiplicare la specie) svettano ogni giorno più fiere; i fiori gialli del cavolo cappuccio lasciato lì dall'anno scorso fanno contrasto con l'azzurro delle foglie della pianta:













Le fragole con fiore bianco sono tutte dritte, quelle col fiore rosso stanno già fruttificando, e i loro frutti maturando. No so dire niente sul nome della loro specie, che mi pare precoce. Il vivaio dove le ho trovate non dava indicazioni:


 E la rucola, puzzolente rucola (ah ah), alza i suoi piccoli fiori gialli dai cespugli che ha disseminato dappertutto, dove il terreno e l'esposizione le piacevano di più.
La rucola (Eruca sativa, da alcuni chiamata anche rughetta), è un'annuale rustica molto apprezzata in Italia come pianta da insalata, per il sapore pungente e caratteristico delle sue foglie (una pizza rucola e formaggio grana, dai, l'avete mangiata tutti). Ha portamento molto ramificato, non cresce molto alta (max 40 cm di altezza). I fiori della rucola hanno quattro petali, gialli.
Questa pianta può essere coltivata da seme. Una volta ambientata nell'orto, ci penserà da sola a diffondersi. Ama posizioni assolate e all'aperto, ma all'arrivo del caldo torrido tende a sparire. Si adatta un po' a tutti i tipi di terreno, anche se predilige quelli leggermente sabbiosi. Le foglie possono essere raccolte 60 giorni dopo la semina, le migliori per sapore sono quelle nè troppo giovani nè troppo vecchie.
Guardate in questa foto quanta rucolina appena nata, tra le foglie della pianta madre, sotto l'assenzio, la menta piperita e la valerianella locusta, pronta a conquistare quel poco spazio che è rimasto:


Forse perchè preferisce i terreni un po' più poveri, infesta e pullula nei piccoli pendii delle aiole, e alla fine me la trovo nei vialetti, tra i piedi.
Aiuto!

martedì 24 aprile 2012

Che pianta grassa è?

Questa per me è un mistero. E' arrivata a casa anni fa, adocchiata da mia madre sul balcone di una signora che gliene ha dato una foglia.
Come si chiama? Qualcuno la conosce?Questa succulenta non cactacea è alta quasi un metro, con foglie carnose lunghe circa 8 cm "tigrate" di verde scuro nella pagina inferiore. Bordi seghettati.
La pianta sta in vaso, è facilissima da coltivare.


La vera particolarità di questo esemplare sta però nelle foglie: sui loro bordi si formano nuove e numerose plantule, come se la pianta eseguisse da sola dei propri cloni. E' pazzesca! Che sia una crassula?
Le plantule sono tremende: se cadono nei vasi di altre piante vicine, attaccano subito!

sabato 21 aprile 2012

Nido di merlo moderno

L'alloro dietro casa era cresciuto troppo, e i miei hanno deciso di ridimensionarlo parecchio. Buona parte della sua fronda è stata rimossa a forza di sega e forbici da giardiniere. Tra un ramo e l'altro, è comparso un "alloggio di merlo". Penso proprio che sia di merlo, perchè mi sembra troppo grande per un passero e troppo piccolo per una tortora. Eccolo in una foto, appoggiato su uno sgabello:


Non finirò mai di stupirmi nell'osservare le opere frutto dell'istinto costruttivo degli animali. Nidi, tane, formicai, bozzoli. Quando mi capitano sotto gli occhi, il geometra che è in me (sono diplomata, ma svolgo tutt'altro mestiere) si ridesta e inizia a studiare questi prodotti di ingegneria naturale con grande curiosità.
Torniamo al nido. Avrà un diametro di 15-20 cm. Voltandolo, si possono vedere (non so però quanto le mie foto lo evidenzino, perchè lo appiattiscono) i rametti più robusti incrociati per sostenere gli altri rametti più piccoli e numerosi. Non capisco da quali il merlo abbia cominciato, forse da quelli più in basso per procedere verso l'alto. Sono ben saldati fra di loro con fango secco, misto a muschio (che forse si è formato in un secondo momento, durante l'inverno. O il merlo l'ha raccolto apposta per rendere il nido ancora più resistente e termicamente regolato?). A dir il vero, guardare questo capolavoro e non carpirne pienamente il segreto mi fa sentire stupida. E' così semplice e astuto allo stesso tempo. Non è costato niente, a parte un'attenta ricerca e selezione delle componenti.


Muovo il nido con delicatezza, ma non c'è pericolo che si rompa, è davvero solido. Ciò che più mi sbalordisce, è che tra i materiali impiegati per crearlo c'è pure la plastica! Ci sono infatti dei brandelli di sacchetto -o chissà che roba era- mezzi degradati e quindi morbidi e leggeri, un nastro sottile e trasparente e uno spago bianco, anch'essi di plastica, amalgamati al fango secco e perfettamente adattati per partecipare alla forma convessa del nido. Addirittura, un po' di sacchetto è stato usato per foderare il nido all'interno, assieme a foglie secche di alloro. Stupendo.
Nella terza foto, il nido visto di lato. E' resistito alla cova delle uova, all'inverno, agli scossoni inferti alla pianta durante la drastica potatura. Anche se non avessimo sfoltito l'albero, questo nido comunque non sarebbe stato riutilizzato. Cercando su internet ho trovato che il merlo non torna nei vecchi nidi. Non vedo infatti tracce di recenti passaggi di animale. Ho scoperto un'altra cosa: è la "merla" femmina a costruirli. Riconosco in effetti un certo buon gusto per l'arredo...
Inutile aggiungere che questo nido è pure profumato: di alloro, ovviamente.

martedì 17 aprile 2012

L'orto in un metro quadro

L'idea me l'ha fatta venire un'amica, Elena, giorni fa. Ci stavamo mettendo d'accordo per scambiarci delle piante per i nostri orti, e lei si lamentava di averne uno grande giusto "un metro quadro, non di più". Per cui, la scelta delle piante da collocarci si restringeva un po'. Vietate le specie invadenti, vietate quelle con cespuglio ampio... Il problema dello spazio scarso è diffusissimo ai giorni nostri, perchè il mercato immobiliare, coi suoi prezzi proibitivi, non permette ai comuni mortali di acquistare grandi magioni immerse in vasti giardini. Se poi pensiamo all'ingordigia dei giardinieri, esperti e non, che se potessero coltiverebbero tutte le piante esistenti sul pianeta, i micro giardini che circondano le case moderne sembrano ancora più piccoli e insufficienti a soddisfare le smanie per il verde.
Eppure, secondo me, in un metro quadro - o giù di lì - un orticello interessante si può fare. Ovviamente, con scelte oculate e un po' limitanti, ma buoni risultati si possono ottenere lo stesso, e un po' di sfizio l'ortolano se lo può togliere.
Vi propongo tre mie idee di progetto di mini orto. Immagino di avere a disposizione un rettangolo lungo un metro e mezzo e largo 60 cm, magari addossato a un muretto di recinzione.
1) MICRO ORTO "DOLCE E SALATO"
Ospiti: 6 piante di fragole da disporre sul lato lungo come bordura (perenni); 4 carote e 8 ravanelli da collocare lateralmente; 6 cespi di cicorie o invidie a piacere da mettere al centro; in mezzo alle cicorie, 4 cipolle rosse.
Nella foto a lato: esempio di aiola coltivata a insalata varia e sedano. Piantando o seminando i cespi a un paio di settimane di distanza tra di loro, si garantisce una produttività prolungata (così non si devono raccogliere le piante tutte insieme). Alcune cicorie (come la regina dei ghiacci) resistono bene al freddo, basta proteggerle con una piccola serretta da orto, anche faidatè. Anche il sedano può resistere in inverno, se ben protetto, e in certi casi sarà disponibile fino a metà novembre.

2) MICRO ORTO "PROFUMI E  AROMI"
Ospiti: santoreggia da disporre come bordura (perenne); 2 piantine di timo-limone da mettere sui bordi più corti (perenne, ma delicatino se il freddo è intenso); un rosmarino ad alberello al centro dell'aiola (perenne); 6 sedani, prezzemolo riccio o basilico al centro sotto il rosmarino. Se ci sta, qualche ciuffo di erba cipollina (perenne), oppure origano. Nella foto a lato: santoreggia in fiore. Tende ad espandersi, ma a differenza della melissa o di altre aromatiche invadenti, è facile da "domare", e decorativa anche in inverno. Fiorisce in primavera e fa un cespuglietto viola chiaro bellissimo.

3) MICRO ORTO "IL CLUB DELLE SOLANACEE"
Ospiti: 4 tageti per bordura (non da mangiare, pare che tengano lontani  parassiti dei pomodori); un pomodoro preferito al centro dell'aiola o un paio di melanzane; 2 piante di peperoni a frutto piccolo e tondo da mettere a lato del pomodoro; 4 peperoncini ornamentali o a sigaretta sui lati corti dell'aiola.

In tutti e tre gli orti (soprattutto nel terzo, composto per intero di piante annuali) in inverno, quando le annuali spariscono, si possono aggiungere le insalate resistenti al freddo (che comunque vanno protette, come già scritto).
Mi sembra che i tre progettini sfruttino bene gli spazi e concedano qualcosa anche all'occhio, dato che con le bordure si dà un tocco piacevole da vedere.
Che ve ne pare? Troppa "carne al fuoco"? Mi sembra di aver accostato specie che convivono bene fra di loro. Ovviamente, i raccolti non saranno esagerati, ma nel caso dell'orticino aromatico il coltivatore avrà sempre un rametto da raccogliere per profumare l'insalata e l'arrosto.

mercoledì 11 aprile 2012

Le monete del papa

In Italia sono conosciute con questo soprannome: "monete del papa", oppure "medaglioni del papa" (curioso questo legame che si sottintende tra una carica religiosa e la ricchezza). Da una sbirciatina su Wikipedia, in altri paesi d'Europa le chiamano le "monete di Giuda", in USA invece le hanno soprannominate "silver dollars" (sai che fantasia). L'allusione di questi nomignoli è riferita alle silique ("ovari bicarpellari sincarpici con numero variabile di semi") delle piante di Lunaria, piante piuttosto diffuse nei giardini italiani, ma poco conosciute, a mio parere, per la bellezza dei fiori, spesso trascurata invece per la decoratività delle medagliette che contengono i loro semi.
Il genere Lunaria comprende tre specie, annuali e biennali: la L. annua, la L. biennis e la L. rediviva. A quale delle tre specie appartengano quelle che fioriscono a casa mia proprio non lo so, ma vedo che proliferano lo stesso, e senza cura di terzi alcuna:


Infatti, le Lunarie si diffondono per conto loro grazie alla quantità di semi che emettono, e richiedono giusto un posto abbastanza illuminato o in mezz'ombra e un buon terreno. Ovvero: il sogno del giardiniere pigro. Quest'anno vedo fiorite solo quelle bianche, vedremo se come l'anno passato sbocceranno anche quelle viola. Stanno sotto i cipressi, tra le iris e le rose.


Le Lunarie crescono alte fino a 70-90 cm, con un diametro del cespuglio di circa 30 cm. Le loro dimensioni le rendono ben visibili in un'aiola anche senza essere particolarmente numerose.


Le medagliette rinsecchite - o per dirla elegante, i racemi essiccati - fanno un bell'effetto nelle zone in penombra, perchè dondolano delicatamente alle brezze d'aria e fanno risplendere le loro facce traslucide portando un po' di brillìo là dove la vegetazione è poco affascinante per carenza di luce. Va da sè che sono molto usate nelle composizioni di fiori secchi.

giovedì 5 aprile 2012

Alberi importanti in provincia di Verona.


Per il momento ne ho individuati due che sono piuttosto famosi. Alberi come questi, in qualsiasi territorio, sono sempre molto amati dalla popolazione locale, che li considera come dei concittadini.
Vediamo il primo, che ha tutta una sua storia (anzi, ha proprio la Storia) alle spalle: il platano più grande d'Italia.
Questo "signore" si trova a Caprino veronese. Il cartello segnalatorio posto vicino ad esso ci dice che è stato chiamato il platano dei 100 bersaglieri perchè, durante una manovra militare nel 1937, cento bersaglieri si sono nascosti tra le sue chiome. Complimenti al platano che è riuscito a sostenerli tutti! Ad ogni modo, l'albero è stato ricompensato con la nomina a monumento nazionale. E' alto 25 metri; in Internet, vari siti lo indicano anche come il platano più antico d'Italia, in quanto avrebbe un'età di oltre 400 anni (il cartello non ne fa menzione, nè ho trovato fonti certe che lo attestino).
Mi è dispiaciuto notare che, nei cavi del tronco di questo straordinario esemplare, i soliti imbecilli hanno ficcato immondizie e bottiglie di plastica vuote. Quando impareremo ad avere più rispetto per il paesaggio e le sue piante?


Spostiamoci di qualche kilometro, e andiamo a trovare a Borghetto di Valeggio sul Mincio un altro albero "celebre": una metasequoia.
Per il momento, dispongo solo di questa immagine in cui ve lo mostro "nudo", senza foglie:



Il cartello informativo sistemato nei suoi pressi ci dice che l'eccezionalità di questo albero è rappresentata dalla specie a cui appartiene (Metasequoia Glyptostroboides), che si credeva fosse estinta da millenni ma che negli ultimi decenni è stata rintracciata in Cina.





Vi lascio con un'immagine del ponte visconteo di Borghetto in primavera, che fa sempre il suo bell'effetto...